Duri i banchi

La trincea della Innovazione e il motto della Serenissima

di Enrico Friziero
CEO T-Trade Group 

Abbiamo letto con interesse l’intervento del prof. Donato Iacobucci su “Fragilità imprenditoriale e la lungimiranza di Fuà”, pubblicato sulla rubrica “Lettere&Commenti” del Corriere Adriatico nei giorni scorsi. Il docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche ha fatto riferimento all’intervento del Governatore della Banca d’Italia Visco all’annuale lezione intitolata a Giorgio Fuà ed ha ben raccontato le criticità del sistema imprenditoriale e politico-istituzionale del nostro Paese.
In particolare, Iacobucci ha individuato: da un lato la scarsa propensione all’innovazione da parte delle imprese da cui deriva una fragilità del sistema imprenditoriale stesso; dall’altro l’incapacità o impossibilità dei governi del nostro Paese di mettere in piedi grandi piani di investimenti a lungo termine.
Non possiamo che essere d’accordo. Ci troviamo infatti noi stessi nella veste di impresa che, pur essendo leader nel suo settore, si scontra con la difficoltà di far penetrare i nostri cambiamenti all’avanguardia, tutte le nostre idee innovative ed ecogreen, nel nostro mondo di riferimento: clienti o fornitori che siano.
Sin dalla nostra nascita, la nostra filosofia è sempre stata quella di rivoluzionare il modo di produrre e percepire il prodotto: esso sì deve soddisfare i fabbisogni del cliente portando reddito all’azienda, ma secondo noi deve anche farlo perseguendo l’etica e la ecosostenibilità, valori imprescindibili applicabili a qualunque tipologia di produzione. Ciò costa chiaramente sforzi ed investimenti, eppure siamo convinti che nel lungo termine porterà benefici con ricadute veramente ampie e per tutti, oltre che, aspetto di certo non secondario, per il nostro pianeta che ha bisogno di essere difeso.
E’ mentalità, prima ancora che prodotto e vendita. Ed è su questa leva che dobbiamo agire se vogliamo cambiare, migliorare, preservare il mondo.
Chi cerca veramente di fare innovazione, oggi, è fortemente combattuto tra il “moralmente etico” e il “moralmente economico” (e ciò vale anche per i nostri governi!), ma non c’è altra strada giusta se non quella che percorre la via della consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono per cambiare un pezzettino di mondo, aspettandosi che ciò possa essere trasformato in un bene comune, che va oltre il mero beneficio aziendale.
L’alternativa è: aver consapevolezza di aver fatto qualcosa di buono per cambiare un pezzettino di mondo, ma pragmaticamente sapere che da ciò si può trarre solo benefici come fondi, finanziamenti, ecc.
In verità non bisogna nascondersi dietro ad un dito: molte aziende piccole o medio grandi, che non hanno nomi altisonanti, sono praticamente costrette a perseguire la seconda strada. E ciò accadrà almeno fino a quando le politiche governative non daranno una svolta decisiva, funzionale a sostenere le scelte dell’innovazione che tanto vengono acclamate, ma nella verità poco sostenute.
In ogni caso, noi preferiamo non attendere e coraggiosamente scegliamo la prima strada, sperando che in tanti ci seguano.
Ovvio che un’attività imprenditoriale di questo tipo si fa solo potendo contare su un gruppo di collaboratori, esterni ed interni, qualificato, motivato, coeso, affezionato.
Da noi vige un motto: “Duri i banchi!”, un’espressione che significa tener duro, andare avanti nonostante le difficoltà. Deriva dall’epoca in cui la Serenissima era in mare con le proprie navi e nel momento di massima azione o di speronamento, ai rematori veniva intimato “Duri ai banchi!” per esortarli a tenersi saldamente ancorati alle panche.
Infine, la forza di un’azienda sta anche nella capacità di chi la dirige di creare buone relazioni. In questo modo si possono affrontare tutti gli ostacoli che portano verso l’innovazione vera, di processo e di prodotto. Bisogna crederci.
Se tutti, insieme, guardano verso la stessa direzione, diventa più facile superare le problematicità e raggiungere gli obiettivi. Il resto lo fa il rispetto, che ciascuno di noi, deve al territorio che lo ospita.
Siamo forse dei sognatori coraggiosi, ma il mondo ha davvero bisogno di persone così.

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